STRATEGIE ENERGETICHE/2
Dopo un primo articolo dedicato ai consumi globali di energia, ancora da ”La Termotecnica“ di gennaio, mensile dell’ATI, l’autore, presidente onorario FAST e World Energy Council Italia, riepiloga le fasi di utilizzo dell’energia nucleare nel mondo - e in Italia - e ne fornisce un inquadramento della situazione tecnologica ed economica attuale. Indispensabile per capire di che “nucleare” si ricomincia a parlare anche in Italia.
Ad un prossimo articolo, saranno affidati gli approfondimenti sugli sviluppi di nuovi reattori e sulla prospettiva di fusione nucleare, oltre alle riflessioni dell’autore a conclusione della serie. In alcune note viene aggiornata la situazione al 20/03/2023.
Le politiche energia-clima avevano riportato un’attenzione al nucleare privo di emissioni di gas ad effetto serra, anche se il timore di nuovi possibili incidenti e il problema della lunga vita di scorie altamente radioattive permanevano nell’accettazione da parte delle popolazioni di varie nazioni, tra le quali, in prima fila, l’Italia. La crisi energetica iniziatasi nel secondo semestre 2021, con prezzi alle stelle dei combustibili fossili, specie in UE, in particolare del gas (e, in Italia, dell’elettricità [1]), e aggravatasi a livello geopolitico con l’invasione russa dell’Ucraina, ha portato in diverse nazioni e pure in Italia a vari pronunciamenti a favore di un nucleare, spesso non ben definito; ciò abbinato a spinte a un’indipendenza energetica e a un’accurata diversificazione di approvvigionamenti di energie per fonte e provenienza.
Nascita e sviluppo del nucleare da fissione per usi civili
Lo sviluppo del nucleare per usi civili è iniziato negli anni ‘50 in quattro Paesi (Russia, Stati Uniti, Francia e Inghilterra) partendo da impianti e ricerche per usi militari. L‘impianto nucleare militare di Obninxs, in Russia nel 1954, con un reattore del tipo LWGR (moderato a grafite e raffreddato ad acqua leggera), è stato il primo al mondo ad alimentare utenti civili per due MW tramite una turbina aggiunta e un alternatore collegato alla rete; utilizzava la tecnologia madre dei futuri reattori RBMK 1000 MW, sviluppati in Russia e diventati famosi con l’incidente di Chernobyl del 1986. È stato seguito nel 1955 dalla centrale da due MW del National Laboratry Argonne, in Idaho negli Stati Uniti, con un reattore non per usi militari e moderato ad acqua leggera bollente (BWR).
Dal 1956, in Francia e in UK, partendo da siti militari, sono stati messi in servizio reattori raffreddati a gas (GCR), moderati con grafite e alimentati da uranio naturale in due versioni. Sono entrati in servizio, dal 1956 al ‘60 a Marcoule in Francia, un reattore da 46 MW termici, solo per scopi militari, e due reattori da 260 MW termici per usi civili; nel contempo, dal 1956 al 1959 a Calder Hall in Inghilterra, quattro reattori da 60 MW elettrici per usi civili.
Lo sviluppo della potenza installata e dell’energia prodotta nelle differenti aree, dagli albori al dicembre del 2021, è efficacemente riassunta nella fig. 1 tratta dalla IAEA (International Atomic Energy Agency).
Si rimanda a [3] per lo sviluppo della potenza nucleare dichiarata in servizio dal 1975 al 2022 in 12 Paesi caratteristici per l’impatto o meno degli incidenti di Chernobyl 1986 e Fukushima 2011: Stati Uniti, Francia, Cina, Russia, Corea del Sud, India, Giappone, Germania, Regno Unito, Spagna, Emirati Arabi, Finlandia (Figura 2).
FIGURA 1 - Potenza nucleare in servizio nelle varie regioni in GW (a sinistra) e produzione di elettricità in TWh (a destra) dal 1954 al 2021 - Fonte IAEA [2]
Il nucleare per usi civili ha sviluppato dagli inizi a oggi tre successive “generazioni” di reattori ed è stato influenzato dagli incidenti ai reattori di Three Miles Island in US nel 1976, di Chernobyl in Ucraina nel 1986 e di Fukushima in Giappone nel 2011.
Il grande sviluppo del nucleare nel mondo, dalla fine degli anni ’60 al 1986, ha visto la sua quota nella produzione di elettricità passare dallo 0% al 15%, diventando la terza fonte, dopo carbone e idroelettrico, rimanendovi fino al 1998.
Mettendo in servizio tre reattori di prima generazione di differenti tecnologie nel 1964-65, anche l’Italia, madre di Fermi e della sua scuola, è entrata nella produzione civile da nucleare. Nel 1981, entrava in servizio la centrale di Caorso di seconda generazione e, nel 1982, iniziavano i lavori di costruzione della centrale di Montalto di Castro con due reattori BWR di circa 1000 MW ciascuno; la costruzione veniva però sospesa a lavori quasi ultimati (costati oltre 7.000 miliardi di lire) nel 1988, a seguito dell’incidente al reattore russo di Chernobyl.
Dal 1986, dopo Chernobyl, a livello mondiale, è diminuito lo sviluppo della potenza installata del nucleare che ha raggiunto la sua quota massima del 18% nel 1996. Pur rimanendo costante in valore l’energia prodotta dal nucleare dal 2000, la sua quota è scesa progressivamente, intorno al 10% nel 2022. In UE, la quota è del 25%, come indica un mio recente articolo http://astrolabio.amicidellaterra.it/node/2908 .
Intorno al 2000, nella prospettiva dell’introduzione di nuovi reattori di “III generazione +”, con maggior efficienza e sicurezza e miglior competitività per il costo del kWh prodotto (vedi ad esempio il reattore francese EPR in Europa e l’AP 1000 di Westinghouse negli Stati Uniti), si è assistito a un rinnovato interesse per il nucleare. Anche l’Italia si è attivata con gli accordi del febbraio 2009 tra ENEL ed EdF per una reintroduzione del nucleare, dopo la sua chiusura susseguente al referendum del 1987 che, in realtà, non la imponeva. Erano previsti, tra l’altro, quattro reattori francesi EPR, con il primo reattore in servizio nel 2020, e l’allora ministro del Ministero per lo Sviluppo Economico prospettava a medio termine il raggiungimento del 25% di elettricità dal nucleare. Tuttavia, successivamente, nel 2011 lo tsunami in Giappone causava l’inondazione della centrale di Fukushima e il famoso disastro a uno dei suoi reattori con un effetto devastante per il nucleare a livello mondiale, specie in Giappone e in UE. In Italia il referendum del novembre 2011 praticamente stabiliva la fine del nucleare.
Come sopra accennato, la crisi energetica iniziatasi nel secondo semestre 2021 ha riacceso un certo interesse per il nucleare e anche la Commissione Europea, paladina per una sua decarbonizzazione al 2050, è arrivata a considerare il gas naturale e il nucleare nella tassonomia degli investimenti sostenibili (e quindi passibili di incentivazioni nel periodo transitorio verso la decarbonizzazione). Tale “rinascimento“ di un nucleare non ben identificato, in Italia, va meglio inquadrato nella situazione tecnologica ed economica del nucleare a livello mondiale e nel sistema energetico nazionale in un Paese che pone serie problematiche alla realizzazione di qualsiasi impianto, anche rinnovabile. Occorrerà tenere presente tempi e costi per una sua effettiva possibile/efficace reintroduzione e un’adeguata comunicazione e coinvolgimento della popolazione risulta essenziale.
Il nucleare da fissione a livello globale al 31/12/2022
A fine 2022 risultavano in funzione centrali nucleari in 33 Stati (includendo Taiwan che viene solo menzionato in una nota a piè di pagina delle varie tabelle della IAEA), mentre in 18 erano in fase di costruzione nuovi reattori. Occorre notare che a fine 2022 la IAEA ha tolto dall’elenco dei reattori in funzione 17 reattori (1 in India e 16 in Giappone, reattori che non erano in realtà in funzione) che sono stati considerati come ”suspended operation”.
La fig. 2 dalla IAEA riassume la situazione a livello globale e la sua suddivisione per aree geografiche per la potenza nucleare in servizio e in costruzione. Il Nord America, trainato dagli Stati Uniti, è la regione con il massimo numero e la massima potenza dei reattori in servizio (108,3 GW), seguita da Asia-Far East che, con gli sviluppi della Cina, ha di poco superato per potenza installata (99,3 GW) l’Europa occidentale (99,1GW). La situazione del nucleare nell’America del nord è praticamente poco variata da qualche anno, come quella in Europa occidentale, America Latina e Africa. Grande sviluppo in percentuale in Asia-Medio Orientale e del Sud, con 10,5 GW in costruzione, rispetto ai 15 GW in servizio. L’Europa centrale e dell’est è la seconda regione geografica per nucleare in costruzione (12,3GW), rispetto ai 25,2 GW dell’Asia Far East.
FIGURA 2 - Potenza nucleare in servizio e in costruzione a livello globale e sua suddivisione per aree geografiche al 31/12/2022 - Fonte IAEA [2]
Si puo’ notare che nei primi 80 giorni del 2023 la situazione globale per numero di reattori in esercizio ed in costruzione non è cambiata ;si sono verificate la connessione alla rete di 2 reattori
Gli elenchi che seguono, ripresi dalla IAEA [2], danno per tipologia, potenza e località, per il periodo dall’1/1/2022 al 31/12/2022, i sei nuovi reattori connessi alla rete, i cinque reattori permanentemente chiusi e i sette reattori per i quali è iniziata la costruzione. Al 31/12/2022 la potenza totale del nucleare e il numero dei reattori in servizio in ciascuno dei 32 Stati (non inclusa Taiwan) con centrali nucleari è riassunta in fig. 3 mentre in fig. 4 sono riportati la potenza e il numero di reattori in costruzione nei relativi 18 Paesi.
La situazione riportata dalla IAEA risulta ancora valida ai primi di febbraio 2023 per reattori in servizio, in costruzione e permanentemente chiusi.
FIGURA 3 - Potenza dei totali reattori in servizio al 31/12/2022 in ciascuno dei 32 Stati e relativo numero di reattori. Occorre considerare in aggiunta i tre reattori in Taiwan per totali 2859 MW. La potenza totale mondiale è di 378GW - Fonte IAEA [2]
Al 20/3/2023 la situazione globale del nucleare ha subito leggere modifiche, in particolare
2 nuove connessioni alla rete: 1 reattore da 1000 MW in Cina ed uno da 440MW in Slovacchia
2 reattori permanentemente chiusi: 1 reattore da 985 MW in Taiwan ed uno da 1008 MW in Belgio
I reattori in funzione rimangono quindi 422 con una totale potenza di 377,9 GW.
FIGURA 4 - Potenza dei totali reattori in costruzione al 31/12/2022 in ciascuno dei 32 Stati e relativo numero di reattori. La potenza totale mondiale è di 59 GW - Fonte IAEA [2]
Vale la pena di notare che i soli Stati Uniti detengono il 25% della potenza nucleare installata a livello globale e i primi tre Paesi (Stati Uniti, Francia e Cina) circa il 55%, aggiungendo il quarto Paese (Russia) e il quinto (Corea del Sud) si supera il 66%. Per i 57 reattori in costruzione al 31/12/2022, la Cina domina con 18 (quattro forniti dalla Russia), seguita dall’India con otto (quattro forniti dalla Russia) e dalla Russia e Turchia con quattro reattori ciascuna (i quattro reattori in Turchia sono forniti dalla Russia). Considerando anche i reattori russi in costruzione in Bangladesh, Ucraina, Egitto, Bielorussia, Iran e Slovacchia i reattori di origine russa in costruzione nel mondo (inclusi quattro in Russia) sono 25, pari al 44% dei totali. Ciò è dovuto a due principali fattori:
- alta tecnologia e provata affidabilità dei reattori russi;
- allettanti finanziamenti e condizioni generali per reattori all’estero che li rendono competitivi rispetto alla concorrenza.
Esistono ben 204 reattori per circa 100 GW delle società elettriche permanentemente chiusi (i principali sono 41 in US, 36 in Inghilterra, 30 in Germania, 27 in Giappone e 14 in Francia) ai quali si aggiungono oltre 500 piccoli reattori di ricerca: un mercato enorme per il decommissioning. Al proposito, è interessante osservare l’età dei reattori ora in funzione, come entrati in servizio ogni anno fino al 31/12/2022, di cui la fig. 5 dà una chiara idea.
FIGURA 5 - Numero di reattori entrati in servizio ogni anno dal 1969 al 2022 e tuttora in servizio - Fonte IAEA [2]
Negli anni d’oro per il nucleare, dal 1980 al 1988, sono stati messi in servizio da 13 a 30 reattori ogni anno con una potenza annuale da 12 a 30 GW. 112 reattori hanno una anzianità di servizio superiore ai 40 anni per una potenza totale di quasi 90 GW, un enorme mercato per investimenti di refurbishing ed estensione della vita di centrali nucleari. Negli ultimi 10 anni, solo nel 2014-2017, sono stati installati reattori per circa 10 GW/anno, negli altri sette anni la potenza è stata tra i tre e i 7 GW/anno.
Per quanto riguarda la produzione di energia elettrica dal nucleare in ciascuno degli Stati, la fig. 6 ne riassume la situazione certificata per il 2021, ultimo anno disponibile; la fig. 7, sempre per il 2021, riporta l’energia elettrica prodotta dal nucleare in percento della totale energia elettrica prodotta in ogni Stato. La Cina ha superato la Francia nel 2021 per totali TWh nucleari prodotti e quindi, pur coprendo con il nucleare solo il 5% della sua generazione elettrica, è diventata il secondo Paese, dopo gli Stati Uniti. Si noti come gli Stati Uniti abbiano prodotto 772 TWh nel 2021, pari al 29% della totale energia elettrica nucleare generata nel mondo; i primi tre Paesi (Stati Uniti, Cina e Francia) ne abbiano prodotto il 51% e i primi 5 (Stati Uniti, Cina, Francia, Russia e Sud Corea) il 71%.
Degna di attenzione la attuale critica situazione dell’Ucraina; i suoi reattori (tutti russi) dichiarati operabili (15 per 13 GW nel 2021) hanno fornito il 55% della totale elettricità prodotta nel Paese, ponendosi a livello mondiale dopo la Francia (69%) e prima di Slovacchia (52%), Belgio (51%) e Ungheria (47%), seguiti da vari Paesi con percentuali dal 37% della Slovenia fino a circa l’1% dell’Iran. Non è chiaramente pensabile di mantenere per l’Ucraina nel 2022 la percentuale del 2021.
Ben nove Paesi membri dell’UE rientrano nei primi 10 posti mondiali per % di elettricità dal nucleare, superiore al 32%.
FIGURA 6 - Produzione di energia elettrica dal nucleare in TWh nel 2021 in ciascun stato. La produzione mondiale da nucleare è pari a 2653 TWh, includente 26,8 TWh dai quattro reattori in Taiwan, non menzionata nella figura - Fonte IAEA [2]
FIGURA 7 - Energia elettrica prodotta dal nucleare in percento della totale energia elettrica prodotta in ogni stato. Per Taiwan si ha il 10,8% - Fonte IAEA [2]
Tecnologia dei reattori in servizio al 31/12/2022 e principali fornitori attuali
A parte i reattori della prima generazione messi in servizio dagli anni ‘50 fino all’inizio dei ‘70, i reattori di seconda generazione sono attualmente la grande maggioranza dei 422 reattori in funzione, con l’estensione della loro vita in discussione fino a circa 80 anni (si parla di oltre 100 reattori). Alcuni di loro in vari Stati saranno presenti, quindi, nel parco nucleare fino a circa il 2030. Per i reattori in costruzione, gran parte sono della terza generazione o della “terza generazione+”.
I reattori di terza generazione sono nati da un’evoluzione di alcune filiere della seconda generazione e i più evoluti per sicurezza, costi del kWh prodotto, potenza unitaria e riduzione delle scorie, sono stati catalogati come ”terza generazione+”. Il primo reattore nucleare di terza generazione è entrato in servizio in Giappone nel 1996, fornito dalla General Electric in consorzio con la Hitachi, e si è poi evoluto in ”terza generazione+” classificato come ESBWR (Economic Simplified Boiling Water Reactor). Anche in Russia dal 1986 è in servizio una nuova versione di terza generazione dei loro reattori VVER derivati da tecnologia PWR (Pressurized Water Reactor) e via via migliorati e pre Ucraina in funzionamento o in fase di costruzione in vari Paesi inclusa la Finlandia (un reattore da 1200 MW ordinato da anni e annullato alla Russia a seguito invasione dell’Ucraina) e nuovi reattori erano in fase di definizione per inizio costruzione come i due dell’Ungheria.
Gli altri principali reattori di terza generazione o ”terza generazione+”, sviluppati o in fase di sviluppo, sono derivati dalla filiera PWR (Pressurized Water Reactor):
Considerando i 57 reattori in costruzione al 31/12/2022, ben 46 (80%) sono di tecnologia derivata dai PWR tra i quali 19 VVER, 11 HUALONG ONE, 9 AP 1000, 5 AP 1400.
Vale la pena di ricordare nel mondo occidentale la debacle realizzativa/ finanziaria verificatasi con i nuovi reattori di terza generazione:
- per il fallimento di Westinghouse Nuclear, con subentro di Toshiba per i loro quattro reattori AP1000 negli Stati Uniti (due sono stati sospesi per eccesso di costi e due hanno a oggi cumulato un ritardo di oltre sette anni e quasi un raddoppio del costo previsto inizialmente);
- per il fallimento della Francese AREVA, con il subentro di EdF per i due loro reattori EPR in Europa occidentale (Finlandia e Francia).
Le vicissitudini in UE del reattore EPR francese
Olkiluoto 3 in Finlandia. Approccio innovativo a inizi degli anni 2000 per ridurre i costi del kWh con reattore molto potente di terza generazione+ e con:
- un consorzio di consumatori con impegno per 15 anni di acquisire energia a prezzo fisso (riduzione rischio per investitore) basato su un contratto a prezzo fisso per la costruzione della centrale con il consorzio AREVA /SIEMENS di 3,2 miliardi di € con un reattore EPR da 1600 MW;
- inizio costruzione nel 2005, funzionamento commerciale previsto nel 2010. La realtà è stata ben diversa: 12 anni di ritardi a oggi e costi triplicati. Finalmente collegato alla rete nel marzo 2022 per le prove, ma tolto dal servizio a metà ottobre 2022 per i danni rilevati alle pompe dell’acqua dell’isola turbina e con servizio commerciale in connessione con il Nord Pool fissato il 20/03/23 per la fine aprile 2023.
Flamanville 3 in Francia. Inizio costruzione 2007 con funzionamento commerciale previsto nel 2013, ha una storia di ritardi e costi come Olkiluoto 3; a inizi 2022 è stato previsto il caricamento del combustibile a metà 2023.
Occorre sottolineare che, al di fuori dell’Europa occidentale e Stati Uniti, in Cina ben due reattori AP1000 sono entrati in servizio nel 2018 e due reattori EPR sono entrati in servizio nel 2018 e 2019, con tempi e costi ben inferiori a quelli negli Stati Uniti e in UE; l’AP 1000 è diventato un reattore cinese per nuove costruzioni in Cina e all’estero con la nuova sigla CAP 1000.
Ciclo del combustibile nucleare, rifiuti e scorie radioattive
Date le possibili varianti e implicazioni, l’argomento merita un articolo a parte e vede fondamentalmente tre fasi.
- sviluppo e utilizzo della miniera del minerale contenente uranio (in generale ossido di Uranio U3O8);
- macinazione e trattamento chimico del minerale ridotto in polvere e successiva trasformazione in esafluoruro di uranio per arricchimento (normalmente è arricchito al 3,5% dell’U 235);
- fabbricazione del combustibile in tubi di zirconio assemblati a fasci (l’esafluoruro di uranio a seguito di vari trattamenti viene trasformato in pellets di adeguate dimensioni, inseriti in tubi sigillati che costituiscono le barre di combustibile).
A seconda del tempo per il loro decadimento (radioattività sotto le soglie della radioattività naturale) sono divisi in tre categorie.
La Finlandia è la prima nazione al mondo ad aver praticamente terminato la costruzione del deposito finale realizzato in una roccia geologicamente stabile da decine di millenni e senza infiltrazioni di acqua. Un tunnel scende a spirale nella roccia fino oltre 450 metri di profondità (vedi fig. 8) dove in altre gallerie sotterranee sono inseriti vari loculi nei quali vengono inseriti i fusti contenenti le scorie e rivestiti da uno strato di rame puro. In tal modo, anche se dell’acqua arrivasse ai fusti in un imprevedibile futuro, essa impiegherebbe milioni di anni a corroderne il rivestimento.
FIGURA 8 - Schema del tunnel ad Ankalo in Finlandia di accesso al deposito finale di scorie radioattive a 450 metri di profondità
Risorse di uranio, produzione e costi
Le risorse di uranio utilizzabili dipendono dai prezzi di mercato, dai costi di estrazione e dalla concentrazione di uranio nel materiale estraibile. Quelle economicamente utilizzabili con prezzo dell’uranio fino a 120$/ kg assicurano circa 85 anni di forniture per consumi come i presenti di 62.000 t/anno e sono per i due terzi in Australia (28%), Kazakistan (15%), Canada (9%), Russia (8%) e Namibia (7%). Con prezzi di uranio superiori del 20% assicurano oltre 100 anni. Le recenti produzioni sono in miniere attive in venti Paesi e i maggiori produttori sono Kazakistan (41%), Canada (13%) e Australia (12%) che insieme contribuiscono per i due terzi della produzione globale. Seguono Namibia, Russia, Niger, Uzbekistan e Stati Uniti.
L’uranio, come le fonti fossili, ha visto con gli obiettivi di decarbonizzazione un crescente ostracismo per il suo uso causando un crollo negli investimenti di ricerca e sviluppo di nuovi giacimenti, specie a partire dal 2011 dopo Fukushima, con prezzi in lenta discesa fino a 44$/kg del 2018 per registrare poi una risalita a 110$/kg negli ultimi mesi 2021, con un picco isolato di 143$/kg ad aprile 2022, per riscendere a 110$/ kg nell’ultima parte del 2022. In UE per nuovi reattori, anche un uranio a 300$/kg e pari a oltre il doppio del picco registrato in aprile 2022 inciderebbe solo per il 7% circa sul costo del MWh.
Costo del MWh in UE prodotto da possibili reattori oggi sul mercato e tempistiche
Per un investitore, per calcolare il cosiddetto LCOE (Livellato costo per l’energia prodotta che è il prezzo minimo al quale l’investitore deve vendere il MWh prodotto per recuperare tutti i costi per la realizzazione ed esercizio della centrale durante la sua vita utile considerata), è necessario valutare in dettaglio:
A. tutti i costi prima della realizzazione della centrale (ingegneria preliminare, scelta del sito, permessi, qualifica dei possibili fornitori, emissione bandi di gara, scelta/e ordini ai fornitori, ecc.);
B. tutti i costi per la realizzazione della centrale;
C. il costo del combustibile;
D. i costi per l’esercizio e manutenzione della centrale e il trattamento transitorio locale delle scorie;
E. gli accantonamenti per il decommissioning della centrale che vengono addebitati a ogni MWh prodotto;
F. gli accantonamenti per contribuire alla realizzazione e uso dei “cimiteri” finali delle scorie e addebitati a ogni MWh prodotto.
Gli anni di vita utile considerati (attualmente circa 60 anni) e l’impatto dei rischi aspettati sul WACC (waited average cost of capital) giocano un ruolo importante, ma il fattore dominante per l’LCOE è la somma delle voci A e B, che varia dai circa 2.500-3.000 €/kW (proclamati da cinesi e indiani per realizzazioni locali) ai circa 7.000 €/kW in UE che derivano quanto segue:
Rimanendo in Europa occidentale, per una nuova centrale con un WACC 9%, 60 anni di vita, A+B di 7.000 €/kW, 8.000 ore equivalenti di funzionamento/anno e un valore elevato di 300 €/kg per il combustibile, si ha un LCOE di 130 €/MWh con la seguente suddivisione:
A+B (CAPEX) = 70%; C (combustibile) = 7%; D (O&M) + [E+F] (ammortamento per decomm. + scorie fin.) = 23%.
Vale la pena di rimarcare che per centrali ammortate con A+B pari a zero si parla di 30-40 $/MWh (in Francia e Stati Uniti).
Tempi di realizzazione in UE di centrali nucleari a fissione
Per l’ultima centrale in Finlandia (Paese aperto al nucleare) ordinata alla Russia, l’inizio costruzione è avvenuto a seguito di un iter autorizzativo, scelta e cambio del sito, definizione della composizione finanziaria dell’investitore, cambio di possibili reattori/fornitori, durato circa 15 anni.
Per Hinkley Point in Inghilterra il sito era stato garantito nel 2012. Dopo varie alternative è stato finanziato il progetto da EdF Energy e dalla China General Nuclear Power Group (CGN) ed è iniziata la costruzione nel 2017; dopo vari ritardi (alcuni a causa del COVID-19) e variazioni del prezzo iniziale, l’entrata in servizio è prevista a oggi nel 2027.
In Francia ”assuming Macron’s plan to build six new reactors is approved by the parliament at the end of 2023, EDF could start preparatory earthworks to build a first pair in Penly, Normandy from June 2024, said Gabriel Oblin, EDF director for the project. Reactor construction could then start by the end of 2027, with commissioning planned for 2035-37”. Si tratta quindi, in UE, di tempi che vanno da 12 a circa 20 anni per l’entrata in servizio di una centrale dalla decisione iniziale di realizzarla.
In ogni caso uno sviluppo del nucleare in uno stato membro (vedi Italia) andrebbe visto in una politica energetica nella quale non si considera solo una o qualche unità nucleare e ciò richiede chiaramente tempi e coinvolgimenti della popolazione, specie in un Paese come il nostro reduce da due referendum.
BIBLIOGRAFIA