L’ENEL E LA FISSAZIONE RINNOVABILISTA
L’idea che le rinnovabili elettriche intermittenti avrebbero potuto sostituire in tempi rapidi l’uso delle fonti fossili ha portato molti guai, fra cui, in Italia, l’abbandono degli investimenti in ricerche e diversificazione delle forniture di gas. Fra i suoi sostenitori, l’amministratore delegato di Enel. Che realizza molta potenza rinnovabile all’estero ma non ha le idee chiare su cosa fare in Italia.
Ci aveva stupito favorevolmente un’intervista dei primi di dicembre scorso al Corriere della Sera dell’Amministratore Delegato di ENEL, Francesco Starace. In quell’intervista, pur ribadendo la sua fiducia nelle rinnovabili come strada maestra verso la decarbonizzazione, Starace metteva alcuni paletti.
Il primo, che a noi sta particolarmente a cuore, verso l’eolico considerato troppo impattante per il paesaggio italiano. Finalmente qualcuno di autorevole che lo dice - e che sta nel mondo industriale delle rinnovabili - abbiamo pensato. Il secondo verso il solare, che Starace vedeva bene solo sulle coperture degli edifici civili e industriali, cosa che anche noi Amici della Terra vediamo con favore.
Forse l’intervista peccava di eccessivo ottimismo visto che si parlava di milioni (?) di ettari disponibili. Ma, anche se ci fermassimo alla stima più realistica di circa 800 kmq di superfici già costruite o degradate, valutate dall’ISPRA per una installazione di fotovoltaico più amichevole per il paesaggio, i tempi per simili installazioni non sarebbero certo brevi.
Oltre ad essere piacevolmente sorpresi, avevamo registrato con un pizzico di perfidia anche la reazione furibonda delle associazioni industriali interessate, quelle che da anni si nutrono dei lauti incentivi dati alle rinnovabili in cambio di poca e intermittente energia elettrica, e l’imbarazzato silenzio della triplice alleanza verde, Greenpeace, Legambiente, WWF che, allo sviluppo di pale e pannelli, sono pronte a sacrificare il paesaggio italiano e la biodiversità.
Altri passi dell’intervista ci convincevano di meno. Per esempio, l’attacco al gas che, come abbiamo purtroppo ri-scoperto in queste settimane, è determinante nella produzione elettrica oltre che per l’industria e per il riscaldamento.
Ora, però, nel giro di un paio di mesi, Starace ha cambiato radicalmente opinione. In un articolo, sempre sul Corriere, si allinea alla proposta di Elettricità Futura di realizzare, nei prossimi 3 anni, 60 GW di nuova potenza rinnovabile.
Per inciso, da un’associazione confindustriale ci saremmo attesi maggiore prudenza e meno propaganda. Infatti, il giorno dopo, il tavolo della domanda di Confindustria, che raggruppa i grandi consumatori di energia, molto preoccupati per il livello raggiunto dai prezzi della stessa, ha intimato un forte ALT ai sogni di grandezza di Elettricità Futura.
Quanto a Starace, è certamente consapevole del fatto che senza il ricorso all’eolico on-shore e off-shore e senza il ricorso a grandi impianti solari a terra, prevalentemente sui terreni agricoli, l’obbiettivo di 60 GW non è raggiungibile. Il PNIEC ne prevede 70 al 2030 e, chiaramente, 60 GW in tre anni sono irrealizzabili, se non con l’occupazione militare dei territori. Altro che semplificazioni.
Noi pensiamo che 60 GW di FER intermittenti installate rappresentino comunque -nell’immediato e in prospettiva - un problema più grosso di quello che si vorrebbe risolvere. Per i costi della rete, per i sistemi di accumulo da prevedere con un numero così rilevante di impianti, per la dipendenza dalle materie prime (anche diverse dal gas) che un simile programma comporterebbe. Per l’impatto economico di un simile investimento in piena emergenza energetica. Un’emergenza esplosa con la guerra e determinata proprio da chi, in questi anni, da ruoli di grande responsabilità, voleva convincerci che le fonti rinnovabili elettriche intermittenti potessero sostituire in toto (e da subito!) le fonti fossili.
Ma, tornando al paesaggio italiano, questi impianti non hanno improvvisamente smesso di essere devastanti. È Starace, quindi, che ha sbrigativamente sottovalutato il problema. Sia, un paio di mesi fa, sovrastimando i “milioni di ettari” sui tetti, che oggi, sottostimando tempi, problemi e costi di una proposta che farebbe più danni di Attila.
Il sospetto è che l’AD stia cercando una strada, qualsiasi strada, per ridare credibilità ad un ENEL, che da un anno non brilla in borsa. Ma, la causa di questa perdita non è proprio la fissazione per le rinnovabili e l’avere trascurato ogni altra possibilità industriale? della scarsa marginalità del business e dello straordinario aumento del debito, necessario per finanziare investimenti costosi?
Uno dei sintomi di una scarsa chiarezza di prospettive, consiste anche in un certo attivismo su Twitter, dove Starace ha scelto come interlocutore privilegiato la solita combriccola minoritaria di amanti delle pale ad oltranza.
Per fortuna, c’è anche qualche aspetto positivo nella strategia Enel e nelle dichiarazioni di Starace. Intanto, cambia idea anche sul gas e rilancia saggiamente il progetto Enel di rigassificatore a porto Empedocle (sarebbe stato meglio non far passare 14 anni dall’autorizzazione, ma tant’è…).
Inoltre, propone un uso esteso nei riscaldamenti civili delle pompe di calore. Per noi che, da sempre, abbiamo indicato nell’efficienza energetica la strada maestra da perseguire e la chiave per riposizionare la strategia italiana ed europea per la transizione, c’è un completo accordo su questo punto.