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2024-03-29 10:31

Meno Male Che Arriva la Direttiva

RIFIUTI DELLE NAVI NEI PORTI

di: 
Giovanni Barca

Nessuno dal Governo ha ancora risposto all’interrogazione dell’on. Davide Gariglio sull’ordinanza dell’Autorità portuale di Civitavecchia e sulla cosiddetta circolare del Ministero dell’Ambiente che ha consentito ad alcune navi quarantena, nei mesi scorsi, di scaricare i propri reflui nei porti, come raccontato dall’Astrolabio http://astrolabio.amicidellaterra.it/node/2124. Tuttavia, lo stesso Ministero ha deciso di raccogliere pareri e suggerimenti per il recepimento della nuova Direttiva Europea, proprio su questa materia. Gli Amici della Terra partecipano alla consultazione con proprie proposte raccolte nel documento che pubblichiamo di seguito, redatto da Giovanni Barca, già direttore dell’Agenzia di protezione ambientale della Toscana

Il Ministero dell’Ambiente ha aperto le consultazioni con i soggetti interessati al fine di raccogliere indicazioni e suggerimenti utili al recepimento della Direttiva 833/2019 relativa agli impianti portuali per il conferimento e la raccolta dei rifiuti delle navi, che modifica la direttiva 2010/65/UE e abroga la direttiva 2000/59/CE.

Il Ministero non ha anticipato, per ora, alcuna bozza di articolato finalizzata al recepimento della direttiva, limitandosi a fornire, tramite Sogesid Spa, una descrizione del contesto normativo internazionale e comunitario. Manca nella relazione di Sogesid un rapporto sullo stato d’attuazione nel nostro paese del D.LGS 23 giugno 2003 N.182 che recepiva la precedente direttiva e gli effetti/criticità che tale norma ha prodotto nel sistema portuale della penisola. Mancano anche i dati su quantitativi e tipologie dei rifiuti in gioco e sulla tipologia, qualità e quantità degli impianti di gestione dei rifiuti presenti nei porti italiani.

Gli Amici della Terra, presenti alla prima riunione online, hanno avanzato ora alcuni suggerimenti riservandosi un commento puntuale quando una bozza di disegno di legge sarà posto in consultazione dal Governo

 

Le norme di riferimento

Nel nostro ordinamento giuridico, il divieto di abbandono dei rifiuti in ambito portuale è già da tempo vigente. Infatti il Codice della Navigazione, approvato con R.D.n. 327 del 30 marzo 1942, prevede all’art. 71 (divieto di getto di materiali) che “nei porti è vietato gettare materiali di qualsiasi specie” mentre l’art. 77 (rifiuti di bordo) del regolamento per l’esecuzione del Codice della navigazione, approvato con D.P.R. n. 328 del 15 febbraio 1952, prevede che “ è vietato tenere rifiuti accumulati a bordo delle navi e dei galleggianti, nonché di gettarli negli ambiti terrestri o acquei del porto in mare aperte ad una distanza inferiore a quella stabilita dal comandante del Porto”.

Nel tempo sono state introdotte nell’ordinamento italiano molte altre norme che regolamentano la gestione dei diversi tipi di rifiuti prodotti dalle navi. Una fra queste è la ratifica della convenzione Marpol 73/78 [1] (convenzione internazionale per la prevenzione dell’inquinamento causato da navi) con la legge n. 662 del 29 settembre 1980, altre sono leggi di derivazione comunitaria con cui l’Unione Europea ha certato di rendere più incisivo il principio di “chi inquina paga”, questo principio costituiva già il punto fondamentale della Direttiva 2000/59/Ce che regolamentava l’attività di gestione dei rifiuti prodotti dalle navi nei porti, oggi abrogata dalla Direttiva n.883/2019. La nuova direttiva dovrà essere recepita negli ordinamenti dei paesi membri entro il 21 giugno 2021.

 

Le quantità in gioco

Riguardo alla quantità dei rifiuti in gioco, l’unico studio specifico di settore fatto dall’ISPRA per questa tipologia di rifiuti in relazione ai relativi piani di gestione portuali, risale al 2015 https://www.isprambiente.gov.it/it/pubblicazioni/rapporti/la-gestione-dei-rifiuti-nei-porti-italiani e  fornisce un quadro complessivo dei piani adottati dalle diverse autorità portuali assemblando i medesimi.

Il rapporto non entra nel merito dei controlli ovvero non stima, a fronte di una produzione giornaliera per passeggero o per tipologia di carico, quanti rifiuti vengono effettivamente gestiti dalle navi secondo le norme internazionali e quanti invece, presumibilmente, finiscono in mare.

Quanto alle relazioni annuali di ISPRA relative ai rifiuti urbani e speciali, i dati presi in esame sono presi dai MUD delle aziende, comprensivi quindi anche di quelli inviati dalle aziende che gestiscono gli impianti portuali, ma non forniscono uno specifico spaccato dei rifiuti assimilabili agli urbani e speciali che vengono prodotti dalla flotta navale.

 

I dati forniti dalle associazioni di categoria

I rifiuti prodotti dalle navi vengono individuati in base alla classificazione che ne fa la Marpol 73/78 in base ai relativi allegati. Le stime possibili sono ricavate dagli unici dati disponibili, quelli forniti da ANSEP-UNITAM (Associazione Nazionale delle Imprese per i Servizi Ecologici e Portuali e la Tutela dell’Ambiente Marino) relativi alla media dell’ultimo triennio. Essi sono indicativamente i seguenti:

Alimentari

10.590 ton

Alimentari extra UE

1.830 ton

Rifiuti non pericolosi

7.350 ton                             

Rifiuti pericolosi

10.790 ton  

Acque di sentina

40.380 ton

Acque nere

20.360 ton

Oli

550 ton

Rifiuti sanitari

3 ton

Il quantitativo totale complessivo risulta pari a circa 92.000 ton/anno; tale quantità rappresenta lo 0,007 del totale dei rifiuti speciali complessivamente prodotti in Italia (pari a circa 130.000.000 di ton anno) ed è probabilmente sottostimato se si considera l’importanza di un comparto produttivo, sia per traffico merci che passeggeri, per un paese con tanti porti come il nostro.

Le procedure per la redazione dei piani portuali e per l’affidamento del servizio

Attualmente, il D.lgs 182/2003 all’art. 5 (impostazione non modificata dalla Direttiva 883/2019) prevede, in capo alle Autorità di Sistema Portuale (AdSP), l’obbligo di redigere un Piano di raccolta e di gestione dei rifiuti prodotti dalle navi e dei residui del carico. Le procedure di gara per l’individuazione del gestore dell’impianto portuale sono attuate direttamente dalle ADSP*. Nei porti in cui l’Autorità competente è l’Autorità Marittima, i piani di raccolta dei rifiuti sono approvati con ordinanza emessa dalla stessa Autorità Marittima (CP) d’intesa con la Regione. In questo caso, è il Comune a curare le procedure di affidamento del servizio (gara) sempre d’intesa con la stessa Autorità Marittima.

I Piani di gestione dei rifiuti prodotti dalle navi e dei residui del carico sono redatti a seguito della consultazione delle parti interessate e sulla base dei dati in possesso all’Autorità di Sistema Portuale e di quelli forniti dall’Autorità Marittima, ai quali si devono affiancare le informazioni ricevute dagli attuali concessionari del servizio di ritiro e smaltimento di rifiuti nel porto di riferimento.

Dopo l’approvazione del piano (60 gg dall’invio) da parte delle Regione Competente vengono avviate le procedure per l’emanazione del bando di gara ai fini dell’individuazione del soggetto erogatore del servizio di raccolta dei rifiuti delle navi. Il piano è aggiornato di norma ogni 3 anni (ora, nella nuova direttiva, ogni 5) in coerenza con la pianificazione regionale in materia di rifiuti e, comunque, in presenza di significativi cambiamenti operativi nella gestione del porto.

Il piano di gestione dei rifiuti, elaborato in consultazione con tutte le parti interessante, è lo strumento più efficace per delineare un modello di gestione integrata ambientale che favorisca la riduzione degli scarichi in mare dei rifiuti prodotti dalle navi. Nel piano devono essere considerati:

- le diverse modalità di recupero dei rifiuti dalle navi a seconda della tipologia stessa del rifiuto (acque di sentina, rifiuti assimilabili agli urbani, rifiuti alimentari extra UE, rifiuti speciali pericolosi etc),

- le problematiche collegate al trasferimento dei rifiuti agli impianti

- la capacità degli impianti stessi che deve essere proporzionata alle quantità di rifiuti raccolti e quindi al numero delle navi che fa scalo nel porto comprese le rade e le zone di ancoraggio.

L’adozione di un piano efficace permette di garantire una maggiore tutela dell’ambiente e, al contempo, può costituire elemento di valorizzazione della struttura portuale capace di favorire anche un possibile contenimento dei costi di gestione.

 

Obiettivi del recepimento della direttiva 833

Gli obiettivi della norma allo studio dovrebbero essere almeno i seguenti:

- Armonizzare il quadro normativo alla Marpol

- Aumentare il livello di protezione dell’ambiente marino

- Adeguare gli impianti portuali in relazione a quelli a terra

- Obbligare tutti i soggetti a conferire tutti i propri rifiuti in porto

- Semplificare gli adempimenti burocratici tramite un'unica piattaforma gestionale

- Dirimere dubbi normativi 

- Definire tariffe adeguate ed omogenee

- Adeguare e monitorare la gestione dei rifiuti nei piccoli porti

 

Suggerimenti / proposte

1) Poiché nei rapporti annuali ISPRA non sono definite le quantità in gioco e non sono evidenziate, nello specifico, le tipologie di rifiuti di cui si parla, occorre affidare al SNPA il compito di determinare la produzione media giornaliera per passeggero o per tipologia di nave (mercantile o passeggeri) dei rifiuti prodotti. Va definito quanti e quali rifiuti produce una nave al giorno sulla base di dimensioni, tipologia, numero di passeggeri/equipaggio, dotazioni di bordo, tempi di navigazione etc. Inoltre, occorre specificare quali di questi rifiuti sono assimilabili agli urbani.

2) I quantitativi così stimati andrebbero rapportati a quelli effettivamente conferiti agli impianti per capire se si verificano eventuali mancati conferimenti, in che percentuali e dove vanno a finire. Queste stime sono necessarie anche per la valutazione dell’adeguatezza degli impianti portuali.

3) Le modalità di verifica e controllo attuate dai vari enti interessati vanno armonizzate affidando al SNPA il coordinamento delle attività di controllo, il tracciamento dei flussi e la conservazione dei dati ambientali. Il SNPA dovrebbe altresì definire linee guida omogenee su tutto il territorio nazionale al fine di evitare i comportamenti difformi. Per esempio, durante l’emergenza Covid, alcune autorità portuali e Regioni hanno correttamente dato indicazione di avviare a smaltimento le acque nere di imbarcazioni adibite a quarantena in appositi depuratori (Piombino/Toscana), altre hanno scaricato nelle acque portuali (Civitavecchia/Lazio).

4) Il recepimento della nuova Direttiva costituisce elemento fondamentale per la concreta attuazione della Direttiva inerente la Strategia Marina e non può prescindere da questa, in particolare per un paese come il nostro proteso nel Mediterraneo, con la presenza di numerose zone marine protette quali, ad esempio, il Santuario dei Cetacei. Al riguardo, ISPRA dovrebbe fornire un censimento di quelle aree particolarmente vulnerabili dove eventuali sversamenti di rifiuti in mare, seppur consentiti dalla Marpol, potrebbero creare ulteriori danni all’ecosistema marino e andrebbero quindi evitati.

5) La gestione dei rifiuti portuali dovrà tener conto della gerarchia prevista per le ordinarie operazioni di gestione dei rifiuti a terra e raccordarsi con gli impianti presenti sul territorio. Nelle Regioni dove sono carenti o inesistenti adeguati impianti per la gestione dei rifiuti urbani o speciali, è ovvio attendersi che anche i rifiuti delle navi non trovino corretta destinazione. In questi casi è probabile che i rifiuti non siano conferiti affatto in impianti di alcun tipo perché le opportunità di trattamento sono scarse ed i costi elevati. Da questo punto di vista, la pianificazione prevista a livello regionale, senza una verifica complessiva e un’assunzione di responsabilità in ambito nazionale, è insufficiente (come del resto nel caso di tutti gli altri rifiuti, meglio gestiti in talune regioni e peggio in altre).

6) L’individuazione dei soggetti affidatari del servizio di gestione dei rifiuti dovrà continuare ad esser effettuata con gara, nel rispetto del principio della libera concorrenza e secondo quanto previsto dalla normativa vigente in materia.

7) Lo scarico di alcune tipologie di rifiuti, benché consentito dalla Marpol 73/78 a determinate condizioni, andrebbe sempre vietato nei porti ed entro tre miglia dalla costa anche per quelle imbarcazioni che fossero dotate di impianti di trattamento delle acque a bordo.

8) Poiché l’obiettivo della riforma è anche quello di tracciare e controllare, il sistema di gestione dei rifiuti e degli scarichi dovrebbe essere effettuato su unica piattaforma gestionale definita di concerto tra il Ministero dei Trasporti, quello dell’Ambiente, quello della Salute ed ISPRA, sentite le associazioni degli armatori e quelle dei gestori dei rifiuti.

9) La flotta dei pescherecci che hanno l’obbligo di riportare a terra i rifiuti accidentalmente pescati in mare andrebbe adeguatamente compensata per tale funzione.

10) I piccoli porti con funzioni prevalentemente da diporto, numerosi sulle nostre coste, dovrebbero essere opportunamente attrezzati e rientrare nelle competenze del porto più grande contiguo.

 

NOTE

[1] La Convenzione internazionale per la prevenzione dell'inquinamento causato da navi (nota anche come Marpol 73/78) è un accordo internazionale per prevenire l'inquinamento del mare. In essa convergono due trattati internazionali del 1973 e del 1978. La convenzione MARPOL 73/78, tra le più importanti convenzioni ambientali internazionali, è nata con lo scopo di ridurre al minimo l'inquinamento del mare derivante dai rifiuti marittimi, idrocarburi e gas di scarico. Il suo obiettivo dichiarato è quello di preservare l'ambiente marino attraverso la completa eliminazione dell'inquinamento da idrocarburi e da altre sostanze nocive e la riduzione al minimo dello sversamento accidentale di tali sostanze. Al 31 dicembre 2001, 161 paesi, che rappresentano il 98% del tonnellaggio mondiale, hanno aderito alla convenzione. Tutte le navi battenti bandiera dei paesi firmatari della convenzione MARPOL e costruite successivamente alla sua entrata in vigore, sono soggette alle relative prescrizioni, a prescindere dal luogo in cui navigano ed i singoli paesi membri sono responsabili per le navi iscritte nei propri porti.

La convenzione Marpol contiene 6 annessi, ognuno specifico per la prevenzione delle diverse forme di inquinamento marino provocato dalle navi:

  • Annesso I - Norme per l'inquinamento da oli minerali;
  • Annesso II - Norme per la prevenzione dell'inquinamento da sostanze liquide nocive trasportate alla rinfusa;
  • Annesso III - Norme per la prevenzione dell'inquinamento da sostanze dannose trasportate in colli;
  • Annesso IV - Norme per la prevenzione dell'inquinamento da acque di scolo delle navi;
  • Annesso V - Norme per la prevenzione dell'inquinamento da rifiuti solidi scaricati dalle navi;
  • Annesso VI - Norme per la prevenzione dell'inquinamento atmosferico da SOx e da NOx da scarichi dei motori.

[2] La legge 84/94 “Riordino della Legislazione in materia portuale” modificata con L.27/12/2017n.205. La presente legge disciplina l'ordinamento e le attività portuali per adeguarli agli obiettivi del piano generale dei trasporti, dettando contestualmente princìpi direttivi in ordine all'aggiornamento e alla definizione degli strumenti attuativi del piano stesso, nonché all'adozione e modifica dei piani regionali dei trasporti. La presente legge disciplina, altresì, i compiti e le funzioni delle autorità di sistema portuale (AdSP), degli uffici territoriali portuali e dell’autorità marittima. Sono in ogni caso fatte salve le competenze delle Regioni a Statuto Speciale, ai sensi dei rispettivi statuti speciali e delle relative norme di attuazione.

Art. 3 Costituzione del comando generale del Corpo delle capitanerie

L’Ispettorato generale delle capitanerie di porto è costituito in comando generale del Corpo delle capitanerie di porto – Guardia costiera cui è preposto un ammiraglio ispettore capo appartenente allo stesso Corpo, senza aumento di organico né di spese complessive, dipende dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti nei limiti di quanto dispone il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 11 febbraio 2014, n. 72, e svolge le attribuzioni previste dalle disposizioni vigenti; esercita altresì le competenze in materia di sicurezza della navigazione attribuite al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Le capitanerie di porto dipendono funzionalmente dal Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, per le materie di rispettiva competenza.

Art. 4 Classificazione dei porti

1. I porti marittimi nazionali sono ripartiti nelle seguenti categorie e classi:

a) categoria I: porti, o specifiche aree portuali, finalizzati alla difesa militare e alla sicurezza dello Stato;

b) categoria II, classe I: porti, o specifiche aree portuali, di rilevanza economica internazionale;

c) categoria II, classe II: porti, o specifiche aree portuali, di rilevanza economica nazionale;

d) categoria II, classe III; porti, o specifiche aree portuali, di rilevanza economica regionale e interregionale.

1-bis. I porti sede di autorità di sistema portuale appartengono comunque ad una delle prime due classi della categoria II.

2. Il Ministro della difesa, con proprio decreto, emanato di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, determina le caratteristiche e procede alla individuazione dei porti o delle specifiche aree portuali di cui alla categoria I. Con lo stesso provvedimento sono disciplinate le attività nei porti di I categoria e relative baie, rade e golfi.