Oggi:

2024-03-19 07:43

Il Nucleare è Servito

OPZIONI PERICOLOSE

di: 
Beniamino Bonardi

La parola d’ordine del movimento di Greta Thunberg, “fate qualcosa, subito” e l’approccio ideologico alle politiche contro i cambiamenti climatici riaprono la strada al nucleare in modo poco trasparente. Finiremo per finanziare il nucleare francese (e per promuovere il rilancio del nucleare nel mondo) con i fondi europei?

Si ricomincia da Davos, dove proprio un anno fa al World Economic Forum ebbe inizio quel fenomeno di apparente masochismo globale che ha portato per tutto il 2019 i potenti dell’economia e delle istituzioni dell’Occidente a invitare ovunque Greta Thumberg, ben sapendo che avrebbe detto loro le peggiori cose, accusandoli di aver portato il Pianeta sull’orlo della distruzione e di non far nulla per tentare di salvarlo nel poco tempo che resterebbe a disposizione. Rappresentanti dell’economia e della finanza, dei governi e dei parlamenti, dei più alti consessi internazionali hanno fatto a gara nel farsi mettere sotto processo dal vivo in un crescendo di “Sì, ancora, così, brava, diccene di più!”. Sino al culmine dell’invettiva di settembre all’Onu. Oltre non era possibile andare ed ecco che è venuta fuori, come d’incanto, la soluzione alla generica richiesta di fare qualcosa di forte e di farlo subito: il rilancio del nucleare.

Il caro, in tutti i sensi, vecchio nucleare, contro il quale nacque il movimento ecologista nella seconda metà degli anni ’70 e che ora viene presentato come amico del clima e salvatore del Pianeta: pulito, senza emissioni di CO2, e ovviamente sicuro perché nuovo, molto migliore di quello delle generazioni precedenti, come già si diceva delle centrali nucleari di 40 anni fa.

Il gioco sembra presentarsi facile, di fronte a un movimento come quello del Fridays for Future, capace di mobilitare centinaia di migliaia di studenti in piazza a gridare “Fate qualcosa, subito” ma che non pare attrezzato per entrare nel merito delle scelte, non essendosi mai posto questo problema.

Ora, dalle piazze la palla è passata ai decisori politici e alla testa si è messa l’Unione europea, che con il suo Green Deal vuole diventare il campione globale della lotta ai cambiamenti climatici e all’interno della quale si è subito aperta la battaglia sull’opzione nucleare, con i favorevoli che stanno segnando rapidi successi.

Tutto avviene non nel segreto - perché nelle centinaia di pagine di documenti e verbali di Commissione europea, europarlamento, Consiglio Ue e Banca europea degli investimenti, tutto è scritto – ma senza alcuna trasparenza. Il via libera al nucleare sta nei dettagli, nelle frasi messe come inciso qua e là. Quel che è evidente è che non si vuole che diventi nuovamente tema di dibattito pubblico.

Tutto è iniziato proprio al Summit Onu sul clima dello scorso settembre, quando il presidente della Banca europea degli investimenti (Bei) ha presentato le nuove linee guida della Banca, che tra il 2021 e il 2030 prevede di finanziare con mille miliardi di euro azioni per il clima e investimenti ambientalmente sostenibili. Le nuove linee guida sono state approvate in novembre, dopo una trattativa sugli investimenti destinati al gas, e comprendono alcuni principi, tra cui quello di consentire la decarbonizzazione dell'energia attraverso un maggiore sostegno alla tecnologia a basse o zero emissioni di carbonio. Quindi anche il nucleare, senza bisogno neppure di nominarlo.

Contemporaneamente all’iniziativa della Bei, a fine settembre il Consiglio Ue ha presentato la propria posizione sulla tassonomia, cioè sulla classificazione finalizzata a fornire agli investitori e alle imprese la conoscenza di quali attività economiche e grandi imprese possono essere definite ecosostenibili. Anche in questo caso il nucleare è stato promosso, come voluto fortemente dalla Francia. L’accordo di compromesso raggiunto in dicembre dal Consiglio Ue con il Parlamento e la Commissione europei, infatti, consentirà di classificare il nucleare come fonte energetica ecosostenibile di transizione.

A fine novembre c’è stata poi la repentina svolta del Parlamento europeo, che in occasione della Cop25 di Madrid ha visto entrare in Aula una proposta della commissione ambiente contraria al nucleare e uscirne una di segno completamente opposto. La mozione proposta affermava di ritenere che “l'energia nucleare non sia né sicura né sostenibile da un punto di vista ambientale o economico; propone pertanto di sviluppare una strategia di transizione giusta per la graduale eliminazione dell'energia nucleare nell'Ue, compresi nuovi posti di lavoro per coloro che sono impiegati nel settore dell'energia nucleare e piani di smantellamento in sicurezza delle centrali nucleari e il trattamento in sicurezza dei rifiuti nucleari, nonché il loro smaltimento a lungo termine”.

La mozione approvata con 430 voti favorevoli, 190 contrari e 34 astensioni, afferma invece di ritenere che “l'energia nucleare possa contribuire al conseguimento degli obiettivi in materia di clima in quanto non produce gas a effetto serra e che possa altresì assicurare una quota consistente della produzione di energia elettrica in Europa; reputa tuttavia che, a causa dei rifiuti da essa prodotti, questo tipo di energia richieda una strategia a medio e lungo termine che tenga conto dei progressi tecnologici (laser, fusione, ecc.) onde migliorare la sostenibilità dell'intero settore”.

E così al Consiglio europeo del 12 dicembre la Francia e i paesi dell’Est hanno avuto buon gioco a far inserire il nucleare nel mix energetico che ogni Stato è libero di decidere autonomamente per raggiungere l’obiettivo di una Ue climaticamente neutra entro il 2050.

L’ultimo atto, per ora, di questa rimonta del nucleare porta la data del 14 gennaio, quando la Commissione europea ha presentato la sua proposta di Regolamento che istituisce il Fondo per la transizione giusta, dove si specifica che “Il Fondo non sostiene la disattivazione o la costruzione di centrali nucleari”. Non viene detto che il Fondo non sostiene le centrali nucleari ma solo la loro disattivazione o costruzione. Quindi il Fondo può essere utilizzato per le opere di ammodernamento e di adeguamento della sicurezza finalizzate al prolungamento del loro ciclo di vita, che rientra perfettamente nella visione del nucleare come fonte energetica ecosostenibile di transizione. Una transizione lunga, perché può significare un prolungamento della loro attività di vent’anni e, in prospettiva, anche di più.

È chiaro che i Paesi ancora impegnati in programmi nucleari, capitanati dalla Francia con i suoi 58 reattori, non potevano accettare di veder squalificata come climaticamente insostenibile una componente così rilevante della loro politica energetica, con l’indicazione di fuoriuscirne progressivamente. Tanto più che con il Green Deal europeo, oltre alla mobilitazione di almeno mille miliardi di euro in un decennio, è stata annunciata una revisione della normativa sugli aiuti di Stato per le imprese che contribuiscono all’obiettivo della neutralità climatica. E il nucleare giocherà la sua partita, tentando la rivincita. Con anche un effetto che va oltre l’Unione europea, perché questo riconoscimento istituzionale di fonte energetica positiva nella lotta ai cambiamenti climatici da parte dell’Ue potrà essere utilizzato da chi vuole rilanciare il nucleare in altri parti del mondo.

E così quest’anno al World Economic Forum di Davos si replica ma questa volta i padroni di casa non sono a mani vuote. Tanti soldi e volontà di fare sul piatto. E il nucleare rinato dalle ceneri.