QUEL CHE C’È DA SAPERE
“La transizione verso un’economia caratterizzata da basse emissioni di carbonio è necessaria se vogliamo limitare i rischi che i cambiamenti climatici pongono per il benessere dei cittadini. Il settore finanziario, le banche centrali e le autorità di vigilanza non possono supplire alle politiche necessarie a “decarbonizzare” i nostri sistemi energetici, ma possono svolgere un ruolo importante per favorire tale processo”. Lo ha detto il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, intervenendo a Roma al Festival dello Sviluppo Sostenibile 2019.
“In Europa gli effetti attesi dei cambiamenti climatici interessano soprattutto i paesi collocati nella fascia meridionale come l’Italia. Questi mutamenti pongono nuovi rischi per l’economia reale e per la stabilità del settore finanziario”, ha detto Visco.
“Vi è innanzitutto il “rischio fisico”, derivante dal progressivo cambiamento del clima e, in particolare, dalla crescita delle temperature, dalla maggiore irregolarità delle precipitazioni e dall’aumento della probabilità di osservare eventi naturali estremi. Secondo tutti i principali scenari climatologici, l’Italia sarà la nazione europea più esposta ai danni legati all’esondazione dei fiumi. Questi fenomeni possono causare gravissimi costi in termini di vite umane e di distruzione di infrastrutture pubbliche e private, obbligando famiglie, imprese e Stato a destinare un significativo ammontare di risorse finanziarie alla loro ricostruzione. Il progressivo aumento delle temperature potrebbe influire in modo permanente sulle capacità produttive del paese.
“Gli effetti dei cambiamenti climatici sull’economia reale possono propagarsi al settore finanziario attraverso diversi canali. Le catastrofi naturali interrompono le funzioni produttive delle imprese e delle famiglie, aumentandone la vulnerabilità finanziaria, riducendo il valore delle attività date in garanzia per ottenere credito e rendendo più complesso il rimborso dei prestiti. I maggiori rischi dovuti ai cambiamenti climatici potrebbero indurre le banche a restringere il credito nei confronti dei soggetti localizzati nelle aree più a rischio, con potenziali ripercussioni negative anche sulla trasmissione degli impulsi di politica monetaria. Qualora la scala di questi effetti divenisse rilevante, potrebbe risentirne la stessa stabilità del sistema finanziario. Analisi svolte in Banca d’Italia evidenziano che, nel nostro paese, oltre il 20 per cento dei prestiti al settore produttivo viene erogato a residenti di aree ad elevato rischio alluvionale; il flusso di credito, inoltre, risulta correlato negativamente con l’esposizione al rischio, specialmente quando i debitori sono costituiti da piccole e medie imprese.
“Un altro tipo di rischio, il “rischio di transizione”, deriva dalla possibilità che il necessario passaggio verso un’economia a bassa emissione di carbonio (low carbon) avvenga in modo disordinato. Durante tale transizione, i prezzi dei prodotti energetici potrebbero aumentare in misura significativa: le politiche climatiche si basano infatti sull’impiego di fonti alternative, al momento più costose, e sull’introduzione di sistemi detti di carbon pricing, quali l’applicazione di forme di tassazione sulle emissioni di carbonio. Poiché nel breve termine la domanda di energia è poco reattiva alle variazioni dei prezzi a causa dei costi fissi necessari per cambiare le fonti e le forme di approvvigionamento, i possibili rincari accrescerebbero la vulnerabilità finanziaria delle imprese e delle famiglie, in seguito alla maggiore spesa che queste dovrebbero destinare all’acquisto di beni energetici. Un brusco calo del valore delle attività e delle infrastrutture legate allo sfruttamento, alla trasformazione e all’utilizzo dei combustibili fossili (carbone, petrolio e gas) potrebbe inoltre innescare una corsa alla cessione dei titoli delle società più esposte e accrescere le loro difficoltà a far fronte alle passività contratte con il sistema bancario e con il mercato, con conseguenze che potrebbero incidere in modo rilevante sul sistema economico e sulla stabilità finanziaria.”
Il governatore di Bankitalia ha osservato che “nel nostro paese l’interesse espresso dai risparmiatori per la finanza sostenibile è significativo, ma l’offerta di prodotti non è ancora sufficiente a soddisfare la domanda: vi è spazio per nuovi progetti da finanziare, servono strumenti adeguati sui quali investire ed è fondamentale la capacità delle imprese di fornire le informazioni necessarie sulla sostenibilità delle proprie attività”.
Secondo Visco, “una maggiore consapevolezza degli intermediari finanziari su come i fattori di sostenibilità possano incidere sulla loro attività è nel loro interesse: faciliterebbe la gestione dei relativi rischi nei propri sistemi di governo e nelle proprie strategie, contribuendo a migliorare la loro performance. Le banche centrali e le autorità di vigilanza operano per fare in modo che il sistema finanziario sia preparato ad affrontare questa transizione. Il processo di diffusione dei nuovi strumenti finanziari potrà essere facilitato dalla definizione, a livello europeo, di una tassonomia ambientale delle attività e di schemi di etichettatura dei prodotti (inclusi gli standard per i cosiddetti green bonds), dalla diffusione dei nuovi indici di riferimento a bassa emissione di carbonio e dall’applicazione delle nuove regole in materia di trasparenza”.