QUEL CHE C’È DA SAPERE
La discussione sul disegno di legge relativo al ciclo integrato delle acque si è impantanata in commissione ambiente della Camera di fronte alla profonda divisione tra M5S e Lega, e alla presentazione di 230 emendamenti, molti dei quali delle due forze di maggioranza, al testo base adottato, che è quello di Federica Daga (M5S). Come ha spiegato Ilaria Fontana (M5S), la proposta di legge Daga riprende, aggiornandola, “la legge di iniziativa popolare che darebbe finalmente attuazione al referendum del 2011”, con l’obiettivo di “riconoscere il diritto universale all'acqua sottraendola al controllo dei privati e affidando la gestione esclusivamente al pubblico”. Per attuare questo passaggio alcuni emendamenti del M5S prevedono “sin da subito lo stop alla redistribuzione di dividendi e la destinazione di tutti gli utili al potenziamento del servizio, procedendo con la giusta gradualità alle trasformazioni societarie e mantenendo i livelli occupazionali”.
L’intenzione del M5S è di “aumentare gli investimenti e diminuire le tariffe, affidando al ministero dell'Ambiente compiti di vigilanza, ritenendolo il soggetto più adatto a controllare l'intero settore che si configura come un monopolio naturale”. Inoltre, si prevede una delega al governo affinché istituisca “un nuovo soggetto di diritto pubblico funzionale alla gestione di un servizio pubblico essenziale come quello oggetto di questa riforma”.
Un’impostazione respinta dalla Lega, come ha spiegato al Foglio la sottosegretaria all’Ambiente Vannia Gava, secondo la quale “si è creato un grande equivoco, perché l’acqua è già pubblica” e “per noi, così com’è, questo ddl è invotabile”, perché tra Lega e Cinquestelle “si parte, obiettivamente, da due visioni opposte”.
Entrando nel merito, il sottosegretario Gava afferma che “il testo, così com’è, è potenzialmente disastroso dal punto di vista della tenuta economica. Prefigura un costo sicuro per le casse dello stato, specie se venisse confermata la proposta di fare decadere anticipatamente le concessioni in essere: in quel caso, gli indennizzi da riconoscere ai gestori costituirebbero un esborso significativo”. “Il testo base stabilisce un limite massimo di dieci anni per la durata delle future concessioni: ma è assolutamente assurdo. Nessuno ci rientrerebbe coi costi, in un arco di tempo così ristretto. Dopodiché, il 95 per cento degli italiani sono già serviti da gestori a controllo pubblico: si evoca insomma una privatizzazione che non esiste, e sulla base di questa convinzione ideologica si rischia di smantellare un sistema che nel complesso funziona abbastanza bene. Bisogna intervenire su alcune storture, su alcune inefficienze, ma non certo mettendo a repentaglio la tenuta dell’intero complesso di servizi. Dopodiché, nel di segno di legge si prevede un sostanziale trasferimento al governo nazionale dei poteri sulla definizione delle tariffe. Il che equivarrebbe a depotenziare Arera, che è una authority seria, per la quale abbiamo da poco completato la discussione per la nomina dei nuovi vertici. Insomma, una visione centralista che di certo non porterebbe a valorizzare i modelli virtuosi, e non dà alcuna garanzia nel miglioramento di quelli meno positivi”.
Anche secondo Forza Italia, con Tommaso Foti, “il provvedimento nasce dall'equivoco secondo cui l'acqua, essendo innegabilmente un bene pubblico, non può avere un utilizzo anche privato. La conseguenza è la tentazione di demolire una disciplina sempre migliorabile ma che ha comunque funzionato bene in buona parte del paese”. Secondo il deputato di FI, la scelta del M5S è quella di “portare avanti un manifesto ideologico privo dei necessari correttivi di equilibrio per diventare una norma di legge, mentre non si comprende che il vero problema consiste nel pessimo stato delle infrastrutture e nella necessità di un alto tasso di investimenti che, storicamente, il soggetto pubblico ha sempre fatto fatica a realizzare, mentre i soggetti di natura privatistica si sono dimostrati più efficaci”.
Critiche al modo di procedere e all’impostazione del M5S sono venute anche dal Pd, che con Chiara Braga ha evidenziato come molti emendamenti del suo gruppo coincidano con quelli presentati dalla Lega, in particolare per quanto riguarda la modifica delle forme di affidamento, la definizione degli ambiti, il ruolo dell'autorità di regolazione, le fonti di finanziamento e, nello specifico, il ricorso alla fiscalità generale.
Ad aumentare la confusione è arrivato l’annuncio del M5S di voler fare una consultazione online dei propri iscritti su varie proposte che saranno elaborate in merito, mentre FI e Pd hanno chiesto al governo di produrre una relazione tecnica ai fini della verifica della quantificazione degli oneri, prima di proseguire il dibattito in commissione ambiente.