QUEL CHE C’È DA SAPERE
Il ministro dell’Ambiente, Sergio Costa, ha esposto le sue linee programmatiche davanti alla commissione ambiente del Senato con un discorso durato oltre un’ora e venti minuti, che ha lasciato poco spazio agli interventi e alle domande dei senatori, a cui risponderà in una successiva seduta.
Il ministro Costa ha toccato molti temi, raggruppati sotto sei obiettivi, così descritti:
In particolare, il ministro Costa intende rivedere, attraverso “una forte collaborazione istituzionale con gli altri ministeri ed enti coinvolti” e “secondo una visione ambientale e non solo economica”, il Testo Unico Forestale emanato dal governo Gentiloni pochi mesi fa.
Sul dissesto idrogeologico, il nuovo ministro dell’Ambiente ha detto di voler “dare nuovo impulso alle misure di contrasto, attraverso azioni di prevenzione che comportino interventi diffusi di manutenzione ordinaria e straordinaria del suolo su aree ad alto rischio, oltre ad una necessaria attuazione degli interventi di mitigazione del rischio idrogeologico, in particolare, riportando in capo al ministero dell'Ambiente la diretta competenza sul tema che nell'ultima legislatura era stata ceduta a una struttura di missione dislocata presso la Presidenza del Consiglio, tema sul quale si è già intervenuti attraverso le norme contenute nel decreto-legge approvato dal Consiglio dei ministri del 2 luglio 2018, che permetteranno al ministero dell'Ambiente di recuperare tale funzione”.
Il ministro Costa ha detto che “in questi ultimi vent'anni c'è stato un accanimento verso il ministero dell'Ambiente che ha portato a svuotare sempre di più i compiti e le dotazioni del ministero, demotivando ancora di più il personale in servizio e spingendo molti a lasciare l'Amministrazione”.
Nel campo dei rifiuti, il nuovo ministro punta a una “forte riduzione del rifiuto prodotto, con una crescente percentuale di prodotto riciclato e contestualmente una drastica riduzione della quota di rifiuti smaltiti in discarica ed incenerimento, fino ad arrivare al graduale superamento di questi impianti, adottando metodi tecnologicamente avanzati ed alternativi”.
Il ministro pensa anche a una parziale riforma della legge del 2015 sui reati ambientali, inasprendo le sanzioni e prevedendo “il sequestro e la confisca dei beni frutto di reati ambientali, come già previsto dall'ordinamento per i beni acquisiti dalla criminalità organizzata tramite attività illecite - una sorta di confisca allargata”. Costa vuole anche introdurre il Daspo ambientale, cioè “un ordine di allontanamento, fino a due anni, nei confronti di chi si rende responsabile di trasporto abusivo, abbandono, sversamento e combustione illecita di rifiuti nei pressi di istituti scolastici, luoghi di cultura, parchi pubblici, mercati, siti turistici, ferrovie, aeroporti e stabilimenti balneari o nelle campagne”.
Il ministro dell’Ambiente punta anche a:
Per realizzare tutto ciò, ha detto il ministro Costa, “è però necessario prima di tutto ripensare il ministero dell'Ambiente come amministrazione pubblica prima ancora che come strumento di governo politico. Si deve infatti affrontare con la massima urgenza la questione del personale in servizio presso il ministero, personale di eccellente qualità ma ampiamente sottovalutato, i cui compensi sono nettamente inferiori ai colleghi che negli altri ministeri svolgono le medesime funzioni”.
Costa vuole indire concorsi pubblici per selezionare il personale del dicastero, sottolineando come in 32 anni di vita del ministero dell’Ambiente non siano mai stati banditi concorsi: “Non esiste un ruolo tecnico. Non vi sono state modalità di ingresso volte a selezionare il personale. Come prima cosa si deve, quindi, consentire un grande concorso pubblico per potenziare il ministero. Al tempo stesso dobbiamo ripensare gli stipendi del personale in servizio, soprattutto per i funzionari, per consentire loro di essere al medesimo livello dei loro colleghi”.
Infine, c’è stato un immediato stop della Lega quando il nuovo ministro dell’Ambiente ha detto di voler riformare la legge quadro sulle aree protette del 1991, “per rafforzare il concetto centrale della ‘conservazione della natura’ nell'ambito di un modello innovativo che valorizzi anche le realtà territoriali per un forte sviluppo ecosostenibile”. Subito sono intervenuti tre senatori della Lega per rimarcare come questo tema non sia presente nel “contratto di governo”, il che impone, come ha detto Giuliano Pazzaglini, “una particolare cautela ed attenzione nel procedere”.