QUEL CHE C’È DA SAPERE
Le commissioni industria e ambiente del Senato hanno approvato una risoluzione sulle asimmetrie competitive per l'industria europea derivanti dai bassi costi energetici e dai bassi standard ambientali in paesi extra-Ue, che parte dal voto con cui il 12 maggio 2016 il Palamento europeo, in sintonia con la posizione dell’Italia, si è espresso contro il riconoscimento alla Repubblica popolare cinese dello status di economia di mercato (SEM), evidenziando come, al di là degli impegni formali, alcune aree del mondo non competano sul mercato mondiale con regole uniformi a quelle europee.
Come ha sottolineato il proponente e relatore Francesco Scalia (Pd), tra le varie asimmetrie competitive, una riguarda i diversi limiti alle emissioni e i diversi costi dei vettori energetici utilizzati nella produzione industriale. Infatti chi usa energia altamente inquinante e a costo relativamente basso come il petrolio o il carbone, senza limiti derivanti da politiche ambientali, ottiene un vantaggio competitivo rispetto a chi si approvvigiona con gas o con fonti rinnovabili. In altri termini, bassi costi energetici si riverberano in costi di produzione più contenuti, maggiore competitività sul mercato e, di fatto, uno svantaggio per chi produce con un basso impatto di carbonio.
La risoluzione evidenzia come la produzione industriale europea sia gravemente penalizzata dal costo energetico e ambientale nei confronti dei competitori internazionali, come dimostrano le crescenti delocalizzazioni degli impianti e le percentuali dell'importazione di beni prodotti da nazioni ormai industrializzate.
Sinora, la risposta dell'Unione europea non è stata efficace. L'Emission Trading Scheme (ETS) non ha funzionato a causa di un prezzo delle quote di emissione da sempre troppo basso, tanto da incentivare parte dell’industria europea (soprattutto tedesca e polacca) a produrre utilizzando carbone e lignite, acquistando le relative quote di emissione.
Inoltre, l’Europa ha investito moltissimo nello sviluppo della produzione di energia da fonti rinnovabili, solo che, per il bassissimo prezzo delle quote di emissione, la crescita di tali fonti è avvenuta soprattutto a discapito delle centrali a ciclo combinato a gas, piuttosto che di quelle a carbone o a lignite. Cioè, tendenzialmente, nel mix energetico, si è sostituito il gas naturale con il carbone e la lignite (assai più inquinanti, ma molto meno costosi).
A fronte di questa situazione, la risoluzione impegna il governo:
-“a prendere iniziative in sede europea, per rompere il meccanismo vizioso dell'attuale politica Ue di decarbonizzazione, affiancando all'Emission Trading Scheme la previsione di una Imposta sulle Emissioni Aggiunte (ImEA), quale strumento per la perequazione internazionale dei costi energetici e ambientali sulla produzione dei beni, sulla base del carbonio emesso, a prescindere dal luogo di fabbricazione;
a individuare misure direttamente applicabili a livello nazionale che agiscano come leva di fiscalità ambientale tramite la modulazione delle aliquote IVA. Tali misure non avranno l'obiettivo di aumentare il gettito fiscale, ma saranno finalizzate ad incentivare le produzioni più pulite e a disincentivare le altre, a prescindere dal luogo di produzione dei beni.”