CAMBIAMENTI CLIMATICI
I modelli climatici stanno sovrastimando la crescita della temperatura media globale? E’ quanto emerge dal confronto tra previsioni e osservazioni. Se n’è discusso presso la sede ALDAI, l’Associazione Lombarda dei Dirigenti di Aziende Industriali.
Nell'ambito degli incontri promossi dal Gruppo Energia ed Ecologia dell’ALDAI di Milano, è stato presentato un confronto tra le previsioni dei modelli climatici e le osservazioni. Senza entrare nei dettagli delle cause naturali o antropiche dei cambiamenti climatici in corso, da un confronto tra temperatura ed eventi estremi previsti ed osservati, si è provato a gettare una luce sui prossimi anni e a suggerire elementi per una politica energetica opportuna.
Utilizzando i più recenti modelli climatici, gli stessi Global Circulation Model che servono per prevedere l'andamento della temperatura media globale nei prossimi anni, ma facendo partire le previsioni dalla fine degli anni 1970, periodo in cui sono iniziate le misure satellitari, si nota che la temperatura sarebbe dovuta crescere molto più di ciò che in effetti si è osservato. Il recente fenomeno naturale di El Niño, uno dei più potenti degli ultimi cento anni, sembrava riportare le previsioni in accordo con le osservazioni ma ora che è passato, la temperatura è tornata sostanzialmente ai valori pre El Niño e praticamente invariata da quasi 20 anni. I modelli stanno sovrastimando la crescita della temperatura media globale?
Al contrario, per quanto riguarda possibili aumenti di frequenza o di intensità di eventi meteorologici estremi, le previsioni dell'IPCC, Intergovernmental Panel on Climate Change, sono assai caute ed in accordo con le osservazioni che, tranne qualche rara eccezione, non mostrano alcuna recrudescenza di tali fenomeni. In questo caso la forte discrepanza è con i media che invece ci parlano incessantemente di fenomeni meteorologici estremi originati dai cambiamenti climatici.
In definitiva le temperature stanno crescendo assai meno del previsto ed i fenomeni estremi non stanno aumentando: le politiche di incentivazioni delle fonti a basse emissioni sono quindi inutili?
Tra gli obbiettivi della politica energetica europea non c'è solo la sostenibilità ambientale, recentemente affiancata da una maggior attenzione alla sostenibilità economica, ma anche la sicurezza degli approvvigionamenti e la competitività economica.
Inoltre, parlando di inquinamento, non deve essere considerata solo l'anidride carbonica, che inquinante non è, ma tutte le "classiche" emissioni (particolato, ossidi di azoto e di zolfo, monossido di carbonio, ecc...) che sono le reali cause dei danni alla salute.
Infine le risorse fossili sono limitate e per quanto nuove tecnologie e scoperte ritardino il "picco" della loro produzione, è bene essere pronti con delle valide alternative quando questo arriverà.
Motivi per investire nelle fonti a basse emissioni, non solo in incentivazioni ma anche in ricerca e sviluppo, ed in una maggior efficienza energetica ce ne sono quindi di validi anche senza ricorrere ai cambiamenti climatici che tra l'altro, se dovessero continuare ad essere inferiori alle aspettative come lo sono adesso, potrebbero trasformarsi da sostegno al cambiamento energetico a forte ostacolo.
Alla luce di queste considerazioni, che sembrano mostrare che salute ed ambiente sono messi a rischio più dalle emissioni inquinanti che non da quelle di CO2, sono state espresse osservazioni utili ad una rimodulazione delle priorità di alcune tecnologie energetiche:
-la Carbon Capture and Sequestration (CCS), a fronte di un contenimento delle emissioni di CO2, fornisce un contributo nullo alla sicurezza degli approvvigionamenti ed addirittura negativo riguardo alla competitività causando un aumento stimato di almeno il 50% del costo dell'elettricità così prodotta;
-il fotovoltaico contribuisce certamente alla sicurezza degli approvvigionamenti ed alla sostenibilità ambientale, sebbene molti studi dimostrino come il costo della CO2 evitata sia tra i più alti tra le tecnologie rinnovabili. Inoltre, la tempistica delle incentivazioni, in Italia, non è stata ottimale: se solo il programma di incentivazione fosse stato ritardato di qualche anno, a parità di costo complessivo avremmo il doppio della potenza installata in Italia;
-volendo prestare attenzione ai livelli di inquinanti nelle città, sarebbe assai più vantaggioso incentivare installazioni di centrali termiche a gas, sebbene con emissioni di CO2 non nulle, piuttosto che diffusi impianti a biomassa;
- infine, l'efficienza energetica contribuisce positivamente sia alla sostenibilità ambientale, che alla sicurezza degli approvvigionamenti che anche alla competitività.