QUEL CHE C’È DA SAPERE
Dopo il ministro Galletti e la commissione politiche Ue del Senato, anche la commissione ambiente di Palazzo Madama ha espresso un parere fortemente critico sui due documenti della Commissione europea riguardanti il metodo di calcolo e la definizione degli obiettivi nazionali di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra derivanti dai settori economici non rientranti nel sistema di scambio di quote di emissione (Emissions Trading Scheme – ETS), per il periodo 2021-2030. Per l’Italia, la Commissione Ue prevede un obiettivo vincolante di riduzione del 33% al 2030, rispetto al livello del 2005.
Il sistema ETS riguarda i settori industriali energivori come il termoelettrico, la raffinazione, la produzione di cemento, di acciaio, di carta, di ceramica, di vetro. Tuttavia, oltre il 55 per cento delle emissioni totali dell’Ue proviene dai settori non-ETS, in cui rientrano trasporti, edilizia, servizi, agricoltura, rifiuti, e i piccoli impianti industriali.
Secondo la commissione ambiente del Senato, andrebbero previsti dei targat nazionali “su cui i singoli Stati membri siano chiamati a rispondere per l'intero ammontare delle emissioni - ETS e non ETS - prevedendo forme di compensazione teorica tra le differenze in eccesso o in difetto tra i due settori, con riferimento alle emissioni di uno stesso Paese, in coerenza con lo spirito dell'accordo di Parigi”. Nel parere, si sottolinea come il sistema di doppia contabilizzazione “tenda a indebolire le politiche nazionali e a creare possibili paradossi in fase di verifica”, e quindi si auspica “una revisione dell'impostazione del meccanismo ETS nell'ottica di promuovere a livello comunitario uno strumento di carbon pricing efficace e universale”.
Per quanto riguarda le emissioni dei settori non ETS, la commissione ambiente del Senato contesta l’impostazione dell’Ue, che, determinando il livello di riduzione delle emissioni da conseguire solo in base al Pil pro capite, “rischia di penalizzare fortemente l'industria nazionale”, dato che “l’Italia è forse il Paese europeo dove sono più sviluppati i settori non ETS, sia dal punto di vista assoluto che relativo, specialmente a causa dell’enorme diffusione delle PMI”. Dopo aver osservato che altra cosa è un’economia basata, ad esempio, sulla finanza o sulla manifattura, la commissione ambiente chiede di valutare la possibilità di “utilizzare un indicatore meno grezzo per determinare gli impegni dei diversi paesi, ad esempio tenendo conto di quanta parte del Pil viene prodotta mediante tecnologie green ed energie rinnovabili”.